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ATTUALITÀ | 20 maggio 2025, 16:37

È morto Nino Benvenuti, leggenda del pugilato italiano

Aveva 87 anni. Medaglia d’oro olimpica a Roma ’60, campione del mondo dei pesi medi e simbolo di un’Italia che sognava con i pugni e il cuore

Nino Benvenuti

Nino Benvenuti

Con grande rincrescimento e un nodo alla gola, salutiamo oggi uno dei più grandi campioni che lo sport italiano abbia mai conosciuto. Giovanni "Nino" Benvenuti si è spento all’età di 87 anni, lasciando un vuoto profondo nel cuore degli appassionati di pugilato e in quello di un’intera nazione che, attraverso i suoi successi, ha imparato a credere nel riscatto e nella fierezza.

Era nato a Isola d'Istria, oggi in Slovenia, nel 1938, quando quella terra faceva ancora parte dell’Italia. Figlio di un’Italia divisa e in fuga dal secondo dopoguerra, Nino ha trovato nel ring la sua patria definitiva. E che patria: un quadrato di sogni, sudore e gloria.

A consacrarlo nell’immaginario collettivo fu l’Olimpiade di Roma nel 1960, quella dei record e del mito. Benvenuti vinse l’oro nei pesi welter in un’Italia che si stava rialzando dalle macerie e guardava al futuro con occhi nuovi. Quel trionfo lo trasformò subito in un simbolo. Ma era solo l’inizio.

Negli anni successivi passò al professionismo con una determinazione feroce. Fu nel 1967 che conquistò il titolo mondiale dei pesi medi battendo Emile Griffith al Madison Square Garden di New York, in un incontro che rimane tra i più celebri della storia della boxe. Ne seguirono altre sfide leggendarie, come la trilogia con lo stesso Griffith o l’amara sconfitta con Carlos Monzón, che non riuscì comunque a offuscarne la grandezza.

Nel 1968 fu nominato Fighter of the Year dalla rivista «The Ring», il massimo riconoscimento mondiale per un pugile: mai nessun altro italiano ha ottenuto questo titolo. Un riconoscimento che lo poneva, senza più discussioni, tra i grandi del pugilato mondiale.

Nel 1992 il suo nome fu scolpito nella International Boxing Hall of Fame, primo italiano ad accedervi. E persino negli Stati Uniti, patria di miti come Rocky Marciano e Joe Di Maggio, Benvenuti fu ammesso alla National Italian-American Sports Hall of Fame, pur senza aver mai acquisito la cittadinanza americana. Il rispetto guadagnato sul ring valicava ogni frontiera.

Ma Benvenuti fu anche un signore dello sport, un uomo elegante e corretto, capace di rappresentare l’Italia con fierezza e compostezza. Dopo il ritiro si dedicò alla televisione, alla promozione del pugilato e anche alla politica sportiva, senza mai perdere quell’aplomb da gentiluomo che lo rendeva riconoscibile tra mille.

Oggi, Nino se ne va portandosi via un pezzo di un’Italia che non c’è più: quella delle Olimpiadi in bianco e nero, dei sogni che salivano su un ring e delle mamme che guardavano la TV col rosario in mano, mentre i figli sognavano il titolo mondiale.

Ci lascia un campione, sì. Ma anche un padre, un uomo che ha attraversato guerre, esili, successi e cadute con la fierezza di chi sa cosa vuol dire rialzarsi. Ci lascia un testimone prezioso di valori che sembrano sempre più smarriti: il rispetto, il sacrificio, la dignità anche nella sconfitta.

pi/red

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