Pochi i valdostani a raggiungere i massimi livelli della Serie A, tra questi Vincenzo Reverchon (Casale, Sampdoria, Cagliari negli anni 50), Paolo De Ceglie (Juventus, Siena, Parma, Olimpique Marsiglia, Servette e da pochi giorni con Miami Beach, che milita nella lega di secondo livello del campionato americano) e l'infinito Sergio Pellissier originario di Fenis, che ha detto stop lo scorso maggio a 40 anni, dopo 17 anni consecutivi nel Chievo, con 496 presenze e 134 reti, in carriera ha vestito anche le maglie di Torino, Varese e Spal.
Quella di Lelio “Lello” Antoniotti è una storia ormai lontana, di un talento innato e cristallino, è stato uno dei giocatori più pregiati del dopoguerra, ma frenato dalla sfortuna tra gli anni 40 e 50. Molto ammirato da Peppino Meazza e da Valentino Mazzola.
Attaccante in grado di svariare su tutto il fronte, non dotatissimo fisicamente, all'apparenza fragile ma in possesso di un'ottima tecnica unita a un grandissimo dribbling. Più che centravanti vero e proprio, il suo ruolo naturale era quello d'interno destro; dagli spalti si aveva l’impressione che avesse la palla incollata al piede, tanta era la sua facilità nel saltare gli avversari unita all’estrema eleganza dei movimenti.
Un attaccante nato ma atipico, non avendo un fisico robusto ma grazie alla sua concezione del gioco basata sulla tecnica, l'intelligenza e la velocità, sapeva anche vedere lo sviluppo delle azioni, facendo funzionare l'intero settore d’attacco come un vero e proprio regista avanzato. Come accostamento a un giocatore moderno senz'altro il più vicino è Roberto Baggio.
Da Bard durante il periodo della guerra si sposta a Novara, dove inizia a giocare nello Sparta. Qui lo preleva la Pro Patria di Busto Arsizio per la stagione 1946-47, in Serie B. E' un esordio folgorante, a diciotto anni mette a segno ben 22 reti, trascinando la squadra alla promozione in Serie A, mostrando le doti del potenziale campione.
Il 5 ottobre, nella vittoria per 1-0 contro la Fiorentina, segna il suo primo gol nella massima serie; alla fine della stagione saranno undici le sue reti, su 33 gare, con la Pro che termina all'ottavo posto in Serie A. Nel 1948-49, inizia benissimo, andando a bersaglio 8 volte in 15 gare, tra cui una tripletta alla Sampdoria. La stagione però gli riservò un brutto colpo, venendo colpito da una grave forma di pleurite e costretto a saltare buona parte del campionato e quasi totalmente la stagione successiva, nella quale scese in campo solo in quattro occasioni mettendo comunque a segno una rete, in Pro Patria-Fiorentina 3-0 del 28 maggio 1950 considerata una delle più belle del campionato. Al 75' minuto Antoniotti, ricevette palla da una rimessa laterale, poi in dribbling superò Rosetta, Cervato, Magli, Chiappella e in uscita il portiere viola Costagliola, depositando la palla nel sacco.
Tornato titolare fisso solo nel 1950-51, in 32 presenze mise a segno sei reti, con la squadra che terminò al decimo posto. Fu quella la sua ultima annata con i tigrotti di Busto Arsizio, chiudendo la sua esperienza con 121 presenze e 50 reti (in Serie A 84 e 26).
Al termine della stagione, fu ceduto alla Lazio, in seguito vestirà poi la maglia di Torino per tre stagioni realizzando così uno dei suoi sogni giovanili. E quella della Juventus per una stagione, ma la pleurite aveva lasciato il segno, con essa altri problemi fisici, non riuscendo a esprimersi sui livelli precedenti. Passò quindi Vicenza per chiudere a Novara nel 1958-59. Al termine della carriera conta 249 presenze e 52 reti in Serie A, 41 presenze e 22 reti in Serie B. Conta anche quattro convocazioni nell’allora Nazionale giovanile.
Smessi gli scarpini a 30 anni, entrò subito nell'ambito della FIGC, nel ruolo di "maestro di tecnica calcistica", prima come responsabile dei N.A.G. (addestramento giovani calciatori) poi direttamente al centro di Coverciano, facendo parte degli esaminatori del Supercorso degli allenatori, per quello che riguardava l'area tecnica. Si è spento a Novara il 29 marzo 2014.