Il recente sviluppo del calcio femminile è una storia di crescita rapida, costante e duratura, un fenomeno piuttosto insolito all'interno del panorama sportivo globale. Immaginando questa crescita su un grafico, vedremmo una linea ascendente che si allunga nello spazio aperto dell'asse cartesiano. Questo andamento è riscontrabile in tutti i grandi tornei, che ad ogni edizione superano i risultati della precedente, stabilendo nuovi record e traguardi sempre più ambiziosi. Tutto questo sta facendo diventare l'eccezione la nuova norma. Un fatto significativo è che la FIFA ha dovuto spostare la partita inaugurale dei prossimi Mondiali in Australia e Nuova Zelanda allo Stadium Australia, che può ospitare 83.500 spettatori, per soddisfare la forte domanda di biglietti.
In Valle d'Aosta il calcio femminile è pressoché scomparso.
L'Italia sta seguendo una tendenza simile, in sintonia con quanto sta accadendo nel resto del mondo, seppur con alcune sfumature. I recenti risultati ottenuti a livello internazionale, gli investimenti da parte dei club, la crescita della Serie A femminile e le riforme politiche che hanno portato all'era del professionismo nell'ultimo anno hanno trasformato radicalmente il panorama del calcio femminile italiano. Le migliorie nella gestione delle squadre e gli investimenti nelle giovani promesse stanno solidificando le fondamenta del calcio femminile italiano. A titolo di esempio, mentre nel 2011 c'erano 10.000 tesserate Figc, nel 2020 erano diventate 31.000, e oggi siamo circa 36.000, con una crescita del 94% tra il 2008 e il 2022. Tuttavia, questa crescita è ancora parziale. Un esempio evidente è rappresentato dall'acquisizione dei diritti televisivi per i prossimi Mondiali in Australia e Nuova Zelanda, che è avvenuta solo nel mese di giugno, con la Rai che ha deciso di investire in un pacchetto di 15 partite, comprese quelle della Nazionale allenata da Milena Bertolini.
L'asta per i diritti televisivi è stata poco competitiva e sembrava che pochi credessero realmente in questo evento. Le offerte erano basse, tanto che persino il presidente della FIFA, Gianni Infantino, aveva criticato aspramente le proposte inviate dalle emittenti italiane. Pertanto, se è indubbiamente importante il passaggio al professionismo, è altrettanto vero che il confronto con i Paesi che dettano legge nel calcio femminile europeo e mondiale è ancora molto sbilanciato. I club inglesi e le superpotenze di altri campionati, come Barcellona, Lione e Wolfsburg, generano ancora ricavi nettamente superiori a quelli italiani, le loro spese sono molto più elevate e persino gli stipendi medi delle giocatrici sono notevolmente superiori. In Serie A, ad esempio, una calciatrice guadagna in media circa 15.000 euro lordi all'anno, mentre nella Women's Super League, considerata un punto di riferimento nel calcio femminile, la cifra è di circa 47.000 sterline lorde, secondo un'analisi della BBC. Federica Pecis, di We Are Female Athletes, la prima agenzia di rappresentanza sportiva interamente dedicata alle donne nell'ambito sportivo, afferma: "In una nazione come l'Italia, fortemente orientata al calcio, questo sport può fungere da traino anche per le altre discipline. Tuttavia, il riconoscimento del professionismo da solo non è il traguardo finale. Ci sono molte altre considerazioni da prendere in considerazione, a cominciare dalla politica. Le posizioni di potere all'interno di istituzioni e federazioni, ad esempio, sono ancora largamente dominate dagli uomini". Attualmente, le donne rappresentano solo il 19,8% degli allenatori e il 12,4% dei dirigenti federali, secondo gli ultimi dati del CONI. Questa discrepanza non riflette la presenza di donne tra gli atleti.
In Italia, quasi 20 milioni di adulti praticano uno sport, di cui oltre 8,5 milioni sono donne, ovvero il 43,3% del totale, secondo il Rapporto Censis "Donne, lavoro e sport in Italia" di quest'anno. Sebbene esista ancora un divario di genere, si sta lentamente riducendo, almeno per quanto riguarda la partecipazione sia a livello di base che di alto livello. Lo stesso rapporto del Censis rivela che le donne che praticano uno sport hanno un livello di istruzione più elevato rispetto a coloro che conducono una vita sedentaria. Il 26,9% delle sportive è laureato e il 36,5% è diplomato, mentre tra coloro che non praticano sport, solo il 9,7% è laureato e il 27,3% è diplomato.
Il campionato femminile inglese è il più ricco d'Europa, proprio come la sua controparte maschile. Secondo i dati di Deloitte, i club della Women's Super League nella stagione 2021/22 hanno registrato ricavi complessivi di 36 milioni di euro, in aumento del 60% rispetto alla stagione precedente (22,8 milioni).
Tuttavia, esiste ancora un divario di genere in termini di spettatori. Un'indagine condotta da YouTrend l'anno scorso ha rivelato che il 59% dei partecipanti aveva guardato almeno un evento sportivo femminile in TV nei dodici mesi precedenti, rispetto al 77% che aveva seguito almeno un evento maschile. Questo divario è principalmente dovuto agli spettatori maschi, poiché il 60% delle donne aveva guardato eventi sportivi femminili e il 67% quelli maschili.