Bene a sapersi - 12 febbraio 2023, 07:00

Gli eSports in Italia: definizione e numeri del fenomeno

Sono passati gli anni in cui trascorrere ore e ore davanti a uno schermo per divertirsi con i videogiochi veniva considerato come diseducativo (in alcuni casi addirittura dannoso) e in cui il gaming era un intrattenimento per pochi nerd con problemi di socializzazione.

Gli eSports in Italia: definizione e numeri del fenomeno

Sono passati gli anni in cui trascorrere ore e ore davanti a uno schermo per divertirsi con i videogiochi veniva considerato come diseducativo (in alcuni casi addirittura dannoso) e in cui il gaming era un intrattenimento per pochi nerd con problemi di socializzazione.

Oggi si è ribaltata la prospettiva, i giochi elettronici vengono addirittura inseriti nei programmi scolastici, sono stati riconosciuti dal CIO come disciplina sportiva e intorno a loro si è creata una comunità enorme a livello mondiale. Una comunità che ha dato vita al fenomeno globale conosciuto come eSports che, dopo qualche ritardo, si è affermato anche in Italia.

Definire gli eSports non è un’impresa semplicissima, se pensiamo che all’interno di questa ampia categoria possiamo inserire discipline più tradizionali come il poker sportivo, gli scacchi e la dama, oppure videogiochi di ultima generazione o ancora grandi classici del gaming come le simulazioni sportive calcistiche e motoristiche. Iidea, associazione italiana di riferimento dell’industri dei videogiochi prova comunque a restringere il campo definendoli come “leghe, tornei e competizioni in cui singoli giocatori o squadre si sfidano ai videogiochi con un pubblico e premi in palio”.

Già il fatto che esista un’associazione di riferimento che pubblica a cadenza regolare analisi di mercato e report sul settore fa ben capire di quanto gli eSports siano cresciuti nel corso degli ultimi anni anche nel nostro Paese.

A livello globale i maggiori eventi sono il World Cyber Games, l’Electronic Sports World Cup e il DreamHack ma pian piano ogni lega professionistica inizia a creare la propria versione “digitale” e gli stessi team mettono sotto contratto i maghi del joypad dando vita a vere e proprie sotto-sezioni nella struttura societaria. D’altronde il giro d’affari ha assunto in meno di 5 anni dimensioni da capogiro se pensiamo che solo in Italia, non certo il Paese più importante per le competizioni eSports, vale attualmente quasi 50 milioni di euro con più di un milione e mezzo di persone che dichiarano di seguire i tornei a cadenza regolare.

Stupiscono, in positivo, sia il profilo medio dell’appassionato di eSports tricolore che la distribuzione estremamente variegata dei soggetti che contribuiscono alla forza economica del comparto. In Italia chi segue le competizioni ha in media 28 anni, un livello di istruzione elevato e uno stipendio ben superiore a quello medio del Paese. A generare i maggiori introiti, invece, sono gli stessi team (55% dell’intero giro d’affari), seguiti dagli organizzatori delle competizioni (22%), dai publisher (5%) e da tutte le società specializzate in merchandising, produzione di supporti hardware e software e agenzie di marketing.

Impossibile, infine, analizzare il fenomeno senza parlare dei canali di distribuzione e trasmissione dei principali eventi: ovvero le piattaforme streaming Twitch e YouTube. Twitch è nata proprio come piattaforma specializzata nel gaming prima di diventare un distributore di contenuti a 360 gradi; YouTube, partito principalmente come sito per la trasmissione di musica e videoclip, si è recentemente aperto anche ai live streaming dei tornei e dei singoli giocatori professionisti.

Quando si parla di eSports e competizioni videoludiche professionistiche c’è anche un aspetto che spesso passa sotto silenzio: ovvero quello della partecipazione aperta e della possibilità di trasformare una passione in un lavoro a tempo pieno (e ben remunerato). Il campo è infatti aperto a tutti, dai semplici dilettanti che giocano nei propri ritagli di tempo per passione a quelli che possiamo definire ProPlayer che guadagnano cifre da capogiro, hanno milioni di follower e, spesso, contratti di sponsorizzazione o addirittura accordi ufficiali con società sportive professionistiche.

Il consiglio, se anche noi sogniamo una carriera come giocatori professionisti, è quello di affinare le proprie abilità in uno o due giochi e poi entrare a far parte di un team. Gli scout seguono sempre le comunità che si creano intorno ai singoli titoli e spesso notano le qualità del singolo per poi offrirgli una possibilità all’interno di contesti più strutturati. Ma soprattutto ben pagati, sia in termini economici che di visibilità.

SU