Nel 1967 nasceva Assemblea Teatro e moriva Gigi Meroni. Ecco perché, a 50 anni dalla sua scomparsa, Assemblea Teatro vuole dedicare una serata alla “Farfalla Granata”. Così era soprannominato, per le sue movenze all’interno del rettangolo di gioco e per il suo stile di vita al di fuori del campo.
“Un simbolo di estri bizzarri e libertà sociali in un paese di quasi tutti conformisti sornioni”. Così lo ricordava Gianni Brera. Un elemento di queste caratteristiche sarebbe l'orgoglio di ogni tifoso, ma il personaggio di Gigi non si ferma solo all'immagine del calciatore, è molto, molto di più. Meroni ascoltava i Beatles e la musica jazz, dipingeva quadri leggeva libri e scriveva poesie. Rappresentava la vitalità e la particolarità di quegli anni.
"Mister mezzo miliardo". Così lo chiamarono i giornalisti quando il giovane Agnelli cercò di portare l'ennesimo campione alla Juventus sborsando una cifra per quei tempi impensabile. Ma una vera e propria rivolta dei tifosi granata impedì il suo trasferimento. La sua esistenza, come uomo e come calciatore, ben si accosta a quella che è la storia del Toro. Protagonista indiscusso, con le sue reti e le sue giocate, dell’undici allenato da Nereo Rocco, una squadra finalmente capace di tornare in auge dopo il declino seguito alla strage di Superga. Un legame con il Toro e con la sua leggenda che portava già nel nome.
Per uno strano caso di omonimia, il comandante del velivolo tragicamente schiantatosi a Superga cancellando il Grande Torino, si chiamava proprio Meroni. Un file rouge che lo ha legato al Toro anche nel momento della morte: investito mortalmente da quell’Attilio Romero che diventerà poi il Presidente granata alla soglia degli anni 2000.
La sera del 1° ottobre, in compagnia di un altro giornalista, memoria storica del Torino calcio, Giampaolo Ormezzano, rivivremo il suo estro, genio e sregolatezza.
Un uomo fuori dagli schemi nella vita di tutti i giorni, un calciatore capace di goal incredibili e dribling impossibili, come scriveva Piero Vietti: ”Imprendibile, geniale e pazzesco, Meroni giocava con il 7 sulla schiena, i calzettoni abbassati, la maglia fuori dai pantaloncini, i capelli lunghi e la barba. Dipingeva quadri e disegnava vestiti, girava con una gallina al guinzaglio e si divertiva a intervistare i passanti chiedendo loro cosa ne pensavano di Gigi Meroni, sicuro che in quella società non ancora rintronata dalle televisioni difficilmente lo avrebbero riconosciuto”.