CICLISMO - 01 dicembre 2025, 19:27

Una scalata da leggenda: Aosta–Pila decide il Giro ciclistico d'Italia

La tappa valdostana del 24 maggio sarà un concentrato puro di montagna: 133 km e oltre 4.400 metri di dislivello da Aosta a Pila, un arrivo per scalatori veri che potrebbe spaccare il Giro d’Italia 2026

Le tappe

La Valle d’Aosta torna finalmente a prendersi il suo spazio naturale: quello delle tappe che decidono le corse, non che le accompagnano. Sabato 24 maggio il Giro d’Italia 2026 mette il suo faro sulla regione più alpina del Paese, con una giornata che promette di entrare nella memoria collettiva del ciclismo. Una tappa breve, 133 km, ma durissima come poche: oltre 4.400 metri di dislivello, un profilo che sembra tracciato da un geometra in guerra con la pianura e un arrivo a Pila, che manca dal Giro da più di trent’anni.

È la classica tappa da togliere il fiato ai corridori e restituirlo ai tifosi. Una di quelle in cui non si può bluffare: o hai gamba, o la montagna ti divora.

Partenza nel cuore di Aosta, tra il profumo delle panetterie del mattino e l’eco dei passi dei tifosi che accorrono in città. Da qui il gruppo si lancia verso un continuo saliscendi che non permette di respirare. I corridori sanno che oggi non si vince con la pazienza, ma con il coraggio.

Il finale, poi, è puro ciclismo d’altri tempi: la salita verso Pila, che quando decide di farsi dura non lascia seconde possibilità. Una salita che i valdostani conoscono bene, fatta di rampe costanti, pendenze arcigne, pochissimi metri per rifiatare e un bosco che all’improvviso si apre regalando il panorama sulle cime. Il genere di scenario che fa innamorare i tifosi e imprecare i corridori.

E proprio questo mix, tra bellezza e crudeltà, ha convinto gli organizzatori a riportare il Giro in quota qui, dove il ciclismo ritrova il suo spirito selvaggio e verticale.

Il Giro 2026 è già stato definito “esigente” dai tecnici: 3.459 km, 50.000 metri di dislivello, cinque tappe di alta montagna, sette arrivi in salita e una Cima Coppi sul Passo Giau che promette battaglia. Ma la Aosta–Pila arriverà in un momento della corsa in cui la classifica comincerà a prendere forma e gli uomini di vertice dovranno mostrare veramente chi è da podio e chi no.

È il genere di tappa che può trasformare un leader in una vittima illustre. Una crisi qui non si recupera più. Una giornata buona qui ti proietta nella leggenda.

Il Giro che sale in Valle d’Aosta non è mai un dettaglio. Ogni arrivo sulle nostre montagne ha lasciato una traccia: fatica, gloria, storie di corridori che hanno costruito qui la loro immagine di uomini veri. Il ritorno a Pila dopo oltre tre decenni non è nostalgia: è riconoscimento del valore tecnico del territorio. È un tributo al ciclismo alpino, quello serio.

La tappa non è solo agonismo: è una giornata in cui la valle intera si veste a festa. Striscioni, famiglie lungo le strade, scuole in gita, malghe che spuntano fuori come punti di ristoro spontanei, l’odore di polenta nei borghi più piccoli.

È la fotografia di una comunità che si riconosce nello sport, che lo abbraccia e lo porta nelle sue montagne.

In un’edizione che partirà dalla Bulgaria, che omaggerà Pantani ai Piani di Pezzè, che ricorderà il terremoto del Friuli salita dopo salita, e che arriverà in passerella a Roma, la tappa valdostana è una perla rara: breve, feroce, decisiva.

Il 24 maggio, tra Aosta e Pila, non si correrà soltanto per vincere: si correrà per scrivere un pezzo nuovo della storia del Giro.

E la sensazione è una sola: sarà una giornata epica.

je.fe.