Secondo posto in classifica nel campionato interregionale di Prima Divisione, una media di 50 canestri a partita, la formazione del Rouge et Noir Aosta di pallacanestro si sta ritagliando uno spazio da protagonista nel panorama cestistico valdostano. Merito sicuramente di una dirigenza illuminata, presieduta da Vincenzo Albanese, ma anche e soprattutto di un coach allo stesso tempo entusiasta e rigoroso, scrupoloso e generoso, autentico 'trascinatore' dei suoi ragazzi. Fausto Renna, classe 1963, sindacalista della Cisl VdA, è tutto questo per il Rouge et Noir, e anche qualcosa di più.
Fausto Renna, sindacalista Cisl 'prestato' al basket... o forse è vero il contrario
Renna, la sua carriera nel mondo del basket valdostano è stata intensa, sia da giocatore, sia da coach e lei è considerato il 'trascinatore' del Rouge et Noir...
"Anima mi sembra una parola eccessiva, ma sicuramente mi fa molto piacere essere considerato tra gli artefici del buon andamento della squadra. Quello di Prima Divisione è un campionato difficile, dove non conta solo il risultato ma la continuità agonistica, la volontà a 'tenere' il campo anche nei momenti difficili. La classifica è corta, basta cedere anche solo per due partite di fila per uscire dalle posizioni di vertice e non rientrarci più".
Com'è nata la sua passione per la panchina?
"Quasi sempre si nasce giocatori e spesso si finisce la carriera 'in panca' a insegnare ai ragazzi quello che hai imparato dai tuoi sbagli. Per me divenire coach è stato un passo quasi obbligato, dopo anni vissuti nel mondo del basket regionale. Allenare è stimolante, vedere i giocatori migliorare di partita in parita, seguire consigli e frequentare gli allenamenti con passione, è la più grande soddisfazione per un coach di qualunque categoria".
Come si è formato il Rouge et Noir che oggi conosciamo come una delle squadre più promettenti del basket valdostano?
"Se mi passa il termine, direi che si è formato senza 'lotta di classe' ovvero senza badare troppo all'età dei giocatori o al loro curriculum sportivo: se un classe '74 ha voglia di mettersi in gioco, ben venga, da noi è bene accetto. Lavoriamo sulla coesione della squadra: si tratta di stimolare nei giovani, come nei meno giovani, il loro amor proprio offrendo la possibilità di crescere non solo a livello sportivo ma anche umanamente. Non c'è solo la partita, non conta solo il risultato: alla sera ci si ritrova, si va a mangiare la pizza insieme, si discute su cosa si è sbagliato e cosa si è fatto bene, in un clima sereno e senza 'primedonne' ne 'sfigati'. Il mio obiettivo, o meglio l'obiettivo della nostra società sportiva, è quello di rifondare un settore giovanile, un vivaio insomma, degno di questo nome. E credo che siamo sulla strada giusta".
In questo senso, il settore giovanile del basket in Valle d'Aosta potrà tornare ai fasti di un tempo?
"La domanda ha colto nel segno: negli anni Settanta e Ottanta non ricordo una squadra di pallacanestro giovanile valdostana che non giocasse almeno in Promozione, basti pensare che l'Eccellenza e la serie D erano categorie normalissime per le nostre società. Per non parlare del vivaio della Gagliardi in serie B...Poi, progressivamente, è calato il buio sul basket locale, stallo che è durato per oltre un decennio. Da qualche anno si sta cercando di riattivare il movimento della pallacanestro valdostana e l'Eteila in questo senso ha fatto da apripista: oggi manda in campo 15 formazioni tra cui lo Chez Drink che sta dominando il campionato di serie D. Il problema è che c'è tanta volontà ma meno qualità, e questo anche perchè, come ho detto prima, è mancato per troppo tempo l'aspetto sociale del basket, cioè quella voglia di stare insieme e crescere con il continuo confronto tra giocatori e tra questi e gli allenatori. Se ci si limita alle tot ore di allenamento, poi la partita e dopo tutti a casa...beh così si galleggia ma non si sviluppa certamente il settore".
Ora che però qualcosa finalmente si muove, nel panorama locale, lei ha individuato qualche giocatore giovane e particolarmente talentuoso?
"Tolti 'pilastri' come il 36enne Chenal, forse il più forte giocatore di pallacanestro valdostano di tutti i tempi, abbiamo sicuramente giovani emergenti che, se allenati a dovere con il tempo necessario e le strutture adeguate, farebbero sicuramente un ottimo lavoro in serie D. Ne abbiamo noi al Rouge et Noir ma ne vedo altri nell'Eteila, nel Pontdonnas e in altre società. Maglione, Renna, Parolo solo per fare alcuni nomi, potrebbero già oggi giocare in Eccellenza o in D. Dobbiamo coltivarli, mantere l'unità del settore. Non è facile, perchè tutti noi tra dirigenti e allenatori dedichiamo il massimo del tempo possibile allo sport, ma il lavoro e la famiglia ovviamente occupano la maggior parte delle nostre giornate. Ci proviamo, però, con tutto l'impegno".
"Assolutamente no, chi la pensa così si sbaglia di grosso. La carenza tecnica è compensata da un intensa carica agonistica che è uguale per la capolista come per il fanalino di coda del torneo. E così le partite non sono mai banali, si scende in campo sapendo che ogni match è cosa a sé, che il punteggio in classifica non conta e che nessuno ti concederà un solo centimetro di campo. Giocando così ci si fa le ossa, questo è sicuro".
Gli obiettivi del Rouge et Noir Aosta?
"Potrei dire che il traguardo è quello che tutti coach di tutte le squadre di Prima Divisione condividono: il passaggio in Promozione. Non sarebbe una bugia, ma assicuro che il mio principale scopo è sempre e comunque quello di far crescere il vivaio, di stabilizzare il settore giovanile al di là degli obiettivi di campionato. Questa è per me una 'mission' fondamentale".