La tsachà - 01 agosto 2018, 12:00

Sport giovanile e volontariato

In un intervista don Alessio Albertini, consulente ecclesiastico nazionale del Centro sportivo italiano (Csi), ente di ispirazione cristiana per la promozione dello sport di base che conta un milione e 200 mila iscritti, più della metà giovani, ma che in Valle pare scomparso, ha ricordato che "nessun ragazzo si accosta allo sport per essere educato, ma semplicemente per giocare e divertirsi. La nostra sfida è che all’interno di questa esperienza possa incontrare figure credibili e attrattive. E’ questo a fare la differenza perché l’attività sportiva, di per sé, non è automaticamente educativa: lo diventa nella misura in cui allenatori e dirigenti sanno ascoltare e 'accompagnare' nella crescita umana e sportiva i bambini e i ragazzi che si affidano a loro".

Parole che danno il senso della missione sportiva per i giovani. Missione sportiva che non può essere praticata da chiunque e da chicchessia ma deve essere svolta prima di tutto da educatori e poi da tecnici dello sport.

Questo vuole dire che il volontariato non è sufficiente. Servono preparazione e formazione continua. Infatti don Alessio Albertini, nell’intervista rilasciata all’Agenzia S.I.R. (Servizio Informazione Religiosa) ha sottolineato ancora che “al di là delle competenze tecnico-tattiche occorrono anzitutto capacità relazionali per gestire fragilità e narcisismi, per far comprendere che giocando si è parte di un contesto più ampio, per aiutare i giovanissimi a reagire alle difficoltà che spesso vengono utilizzate come alibi per i propri errori, per filtrare il messaggio culturale della 'vittoria a tutti i costi' che rischia di insinuarsi anche nei contesti parrocchiali e delle società sportive di base”.

Tutto questo assume ancor più valore se si pensa che un allenatore, e buona parte di dirigenti di società, trascorrono con i ragazzi circa 300 ore per ogni stagione agonistica ed è quindi un punto di riferimento fondamentale.

Facendo riferimento ad una metafora calcistica il presidente del Coni, Malagò, ha detto che “Il volontariato sportivo è più importante di qualsiasi gol”. Ma il volontariato non può vivere sull’improvvisazione e sulla gratuità a oltranza. Per contro le strutture sportive non possono essere pubbliche e gestite privatisticamente a vantaggio di pochi. Le strutture sportive devono essere come le scuole dell’obbligo.

Urge una diversa cultura sportiva. 

La politica dia un segnale.

piero.minuzzo@gmail.com