Lo sport fa bene a tutti, per le persone con disabilità è ancora più importante per un percorso di rivalutazione psicopedagogica, filosofica e neurobiofisiologica delle potenzialità corporeo-chinestesiche della persona disabile, per migliorare la condizione fisica e, non ultimo, stimolare la propria autostima.
Normalmente siamo abituati ai grandi sport (calcio, motociclismo, formula uno...) e quelli come il Badminton sono considerati di seconda fascia, sport minori, pratiche sportive che a malapena meritano qualche riga nelle pagine di fondo di un giornale.Se poi a questo aggiungiamo il fatto che si parla di disabili, allora l’interesse cade proporzionalmente. D'altronde, siamo fatti così, se la cosa non ci colpisce personalmente, difficilmente siamo interessati a seguirla.
A questi atleti, ben consci delle limitazioni imposte dal proprio handicap, non interessa essere elogiati o portati sugli scudi, interessa solo dimostrare a se stessi, e agli altri che ancora non hanno avuto il coraggio di provare, che lo sport è rinascita, la rinascita è agonistica voglia di vincere e, l’agonismo, non conosce la parola disabilità.
Quando si ha la possibilità di incontrare atleti come questi, c’è solo da togliersi il cappello, non solo per l’esempio che danno, ma perché con sacrificio, abnegazione e duro allenamento hanno sfruttato appieno la “seconda chance”. Allora non è importante il risultato che arriverà alla fine di questi Mondiali perché il risultato è già esserci.
Adesso dobbiamo solo fare il tifo per Yuri, Marcella e Roberto e ringraziarli per quanto stanno facendo per lo sport italiano.